Porfirione: da un buco nero la coppia di getti record lunga 23 milioni di anni luce

porfirione

Porfirione è la megastruttura scoperta da un team internazionale di ricerca: si tratta di due giganteschi getti di gas e particelle prodotti da un remoto buco nero supermassiccio, che si estendono per una distanza di 23 milioni di anni luce, ovvero quanto il diametro di 140 galassie come la Via Lattea.

La megastruttura, la più grande di questo tipo finora nota, è stata soprannominata Porfirione in onore di un gigante della mitologia greca. Questi getti risalgono a un’epoca in cui il nostro universo aveva 6,3 miliardi di anni, ovvero meno della metà della sua attuale età, pari a 13,8 miliardi di anni. Si stima che l’energia che alimenta i getti sia equivalente a quella di migliaia di miliardi di soli.

Prima di questa scoperta, il più grande sistema di getti mai osservato era Alcioneo, individuato nel 2022, con una estensione di circa 100 volte la grandezza della Via Lattea. Ma la scoperta di Porfirione suggerisce che questi giganteschi sistemi di getti potrebbero aver influenzato la formazione delle galassie nell’universo giovane più di quanto si pensasse in precedenza.

“La scoperta di Porfirione rappresenta un passo molto importante nella comprensione dell’evoluzione dei buchi neri e delle galassie”

“La scoperta di Porfirione rappresenta un passo molto importante nella comprensione dell’evoluzione dei buchi neri e delle galassie, con implicazioni potenzialmente rilevanti anche per le proprietà dell’universo su grandissima scala”, commenta Andrea Botteon, ricercatore INAF coinvolto nello studio.

“Questo risultato è stato possibile grazie all’utilizzo della vasta rete di antenne che compongono LOFAR, la quale ci ha permesso per la prima volta di individuare Porfirione e quindi di condurre osservazioni di follow-up con altri telescopi per determinarne le proprietà fisiche”.

Grazie al telescopio radio Europeo LOFAR (LOw Frequency ARray), oltre a Porfirione, sono state scoperte oltre 10.000 megastrutture poco visibili. Sebbene centinaia di grandi sistemi di getti fossero già noti prima delle osservazioni del LOFAR, si pensava fossero rari e in media di dimensioni più piccole rispetto ai migliaia di sistemi scoperti.

“Questa coppia non è solo delle dimensioni di un sistema solare o di una Via Lattea; stiamo parlando di 140 diametri della Via Lattea in totale,” afferma Martijn Oei, ricercatore post-dottorato al Caltech e autore principale di un nuovo articolo pubblicato su Nature. “La Via Lattea sarebbe un piccolo punto in queste due gigantesche eruzioni”.

Per localizzare la galassia da cui proviene Porfirione, il team ha utilizzato il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT) in India insieme ai dati provenienti da un progetto chiamato Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI), che opera dal Kitt Peak National Observatory in Arizona. Le osservazioni hanno individuato l’origine dei getti: una galassia circa dieci volte più massiccia della nostra Via Lattea.

Il team ha poi utilizzato l’Osservatorio W. M. Keck alle Hawaii per mostrare che Porfirione si trova a 7,5 miliardi di anni luce dalla Terra. Questo risultato suggerisce che se i getti distanti come questi possono raggiungere la scala della rete cosmica, allora ogni luogo nell’universo potrebbe essere stato influenzato dall’attività dei buchi neri a un certo punto nella storia cosmica.

Le osservazioni dal telescopio Keck hanno anche rivelato che Porfirione proviene da quello che è chiamato un buco nero attivo in modalità radiativa, piuttosto che in modalità getto. In questo particolare stato, il buco nero supermassiccio emette energia sotto forma di radiazioni e getti quando attira a sé e riscalda il materiale circostante: una sorpresa per i ricercatori, che non ritenevano possibile l’emissione di getti così potenti da un buco nero in questa modalità. La scoperta suggerisce quindi che nell’universo distante, dove abbondano i buchi neri in modalità radiativa, potrebbero esserci molti altri getti così potenti ancora da scoprire.

Come possano i getti estendersi così lontano oltre le loro galassie ospitanti senza destabilizzarsi è ancora poco chiaro. L’ipotesi più plausibile è che nella galassia ospite avvenga un evento di accrescimento insolitamente duraturo e stabile attorno al buco nero supermassiccio centrale per consentirgli di rimanere attivo così a lungo – circa un miliardo di anni – e garantire che i getti continuino a puntare nella stessa direzione durante tutto quel tempo.

“Le osservazioni a bassa frequenza continuano a mostrare il loro incredibile potenziale”, afferma Francesco de Gasperin, co-autore dello studio e ricercatore INAF.

“Riuscire a osservare ed elaborare correttamente questi dati è estremamente complesso, ma negli ultimi anni sono stati fatti grossi passi avanti che hanno permesso un elevato numero di scoperte importanti tra cui molte sulla fisica dei buchi neri supermassicci e sul loro impatto nel modificare la vita delle galassie ospitanti”.

Il prossimo passo per i ricercatori sarà quello di approfondire come queste megastrutture influenzano il loro ambiente e, in particolare, come i getti diffondono raggi cosmici, calore, atomi pesanti e campi magnetici nello spazio intergalattico. Altro obiettivo degli scienziati è anche comprendere i meccanismi che sono legati alla propagazione dei campi magnetici associati a questi enormi getti, il modo in cui essi influenzano la distribuzione dei campi magnetici nella grande rete cosmica e il ruolo che i campi magnetici possono avere sulla formazione e il mantenimento delle condizioni favorevoli alla vita, così come accade sul nostro pianeta.

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