Space&Blue Magazine. Intervista all’Amm. Sq. Enrico Credendino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare
L’interconnessione tra l’Economia dello Spazio e l’Economia del Mare lascia intravedere potenzialità di sviluppo importanti per l’Italia. Qual è la sua visione in merito? E quali aree di sinergia intravede?
Il primo forum Space&Blue nazionale, tenuto a novembre del 2023 per rafforzare l’interconnessione fra Space Economy e Blue Economy, ha indubbiamente rappresentato un eccellente momento di condivisione e conferma a livello istituzionale, associativo e privato, dell’importanza strategica e dell’interconnessione dei due comparti, fondamentali nell’economia generale del Paese e dell’Unione Europa ed effettivamente densi di punti di convergenza e di possibili ambiti di cooperazione e sinergie.
Il Governo e le istituzioni del Paese sono profondamente impegnati in tal senso ed è evidente come sia il mare sia lo spazio siano diventati temi prioritari sui quali l’attenzione dei vertici politici e militari è alta. Ne sono un esempio l’approvazione, a giugno scorso, della prima Legge quadro per lo Spazio che colma un vuoto nell’ordinamento nazionale nonché, come recentemente dichiarato dal Viceministro delle Imprese e del Made in Italy Valentino Valentini, intervenendo alla conferenza internazionale a Los Angeles sulla Blue Economy in occasione del tour mondiale di Nave Amerigo Vespucci, i due specifici provvedimenti per il mare in arrivo: il collegato alla Legge Finanziaria sulla Blue Economy e la Legge sulla Subacquea.
A queste si aggiungono il Piano del Mare già varato nel 2023 e il futuro Piano nazionale per l’economia dello Spazio, entrambi i documenti pensati per analizzare e valutare i fabbisogni, gli obiettivi strategici di ciascun comparto e i relativi investimenti.
Alle iniziative governative è auspicabile che segua una concreta cooperazione tra i due settori, mettendo a fattor comune le competenze e le tecnologie acquisite o allo studio, al fine di mantenere il vantaggio competitivo del Sistema Paese. Com’era già chiaramente emerso durante il forum, quindi, è necessario creare un raccordo fra gli stakeholder, dal livello governativo a quello accademico e industriale dello spazio e del mare, in grado di alimentare il dialogo e consentire il travaso di idee, di conoscenze, di progetti, soprattutto per quelle tecnologie condivise da entrambi i comparti, così da offrire l’opportunità di ottimizzare ricerca e sviluppo e razionalizzare gli investimenti.
Oltre al settore tecnologico, ulteriori aree di possibili sinergie sono sicuramente quelle relative alla sostenibilità e alla sicurezza. La Marina Militare è da sempre impegnata nella promozione dello sviluppo sostenibile dei mari e delle risorse marine, senza il quale l’intera economia del mare sarebbe a rischio, ambito nel quale la vasta gamma di applicazioni satellitari disponibili generano benefici nel monitoraggio dei mari e dell’ambiente marino, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.
Senza dimenticare i servizi e le applicazioni nel campo della sicurezza marittima, comprendente un’ampia gamma di attività e servizi (rivolti a diverse categorie di utenti), come la protezione dei porti, delle navi, delle linee di traffico, delle zone economiche e delle aree di sovranità, etc., che beneficiano del supporto dei sistemi spaziali operanti nell’ambito della sorveglianza marittima, della gestione del traffico marittimo e delle capacità di intervenire in caso di incidenti in mare.
In quale direzione ritiene prioritario investire affinché l’integrazione tra i due asset strategici possa rafforzare la crescita del nostro Paese?
L’Italia può vantare profonde competenze scientifiche e industriali, civili e militari, in entrambi i settori. Alle capacità nazionali del cluster spaziale, cresciute in maniera esponenziale negli ultimi decenni, tanto da portare l’Italia nel consesso dei Paesi con maggiori capacità spaziali al mondo, si affiancano le capacità del solido cluster marittimo, dalle eccellenze della cantieristica e sistemistica delle grandi industrie nazionali alle competenze tecnico-scientifiche delle PMI, delle università e dei centri di ricerca.
L’Italia è quindi sicuramente competitiva a livello internazionale e ciò le può consentire di incidere concretamente, a livello europeo, nelle scelte politiche industriali e finanziarie che orienteranno gli investimenti dei prossimi anni, indispensabili a garantire all’UE competitività, autonomia strategica e tecnologica.
E come la Marina Militare può contribuire?
La Marina Militare italiana fornisce ovviamente il proprio contributo di esperienza nel dominio marittimo, in cui opera da sempre e nel quale è costantemente impegnata nel mantenimento e nell’aggiornamento delle proprie capacità operative, sopra e sotto la superficie del mare, a tutela degli interessi nazionali. Inoltre, la Marina è anche un utente operativo esperto dei sistemi e servizi satellitari, tra cui le telecomunicazioni satellitari, i sistemi di navigazione e posizionamento (GNSS) e i sistemi per l’osservazione della Terra a supporto della sorveglianza marittima, indispensabili per le operazioni marittime, e per i quali contribuisce alla definizione dei requisiti tecnico-operativi e delle esigenze del segmento utente dei sistemi militari e duali.
La Marina inoltre rappresenta, per sua natura istituzionale e per le relazioni con le Marine di tutto il Mondo, un’ambasciatrice delle capacità tecnologiche e industriali del Paese e, in questo ruolo, può sicuramente svolgere un’importante azione di diffusione delle eccellenze nazionali nonché di stimolo nel settore dell’innovazione tecnologica. È il caso, ad esempio, del comparto underwater in cui la forza armata si sta impegnando a fondo per favorire quel cambio di passo necessario allo sviluppo di capacità operative all’avanguardia, di cui la Difesa necessita, per assicurare la tutela degli interessi nazionali nella dimensione subacquea.
Oltre ad essere stata la promotrice del Polo Nazionale della Dimensione Subacquea (PNS) nato nel 2023, la Marina ha lanciato l’Operazione Fondali Sicuri, in seguito al sabotaggio del Nord Stream creando, tra l’altro, il Critical Underwater Infrastructure Surveillance Centre presso il Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) e proponendo, in ambito NATO, la creazione di un centro di eccellenza della dimensione subacquea proprio presso il PNS. Anche il prossimo Simposio di Venezia, che si terrà fra l’8 ed il 10 ottobre 2024, e al quale parteciperanno oltre 100 Marine su scala globale e più di 250 rappresentanti del cluster marittimo mondiale (istituzioni, mondo accademico e industriale), avrà come tema gli abissi: “A spotlight on the depths: the underwater as the new frontier for humankind”.
Uno dei principali ambiti di interconnessione tra Spazio e Mare è rappresentato certamente dal dominio subacqueo. Quali sono le principali sfide che devono essere affrontate per rendere questo legame operativo e utile per la sicurezza e la crescita del nostro Paese?
Durante il Forum Space&Blue avevo sottolineato come per il mondo subacqueo si fosse fatto molto poco fino ad oggi e di come fosse necessario correre tutti insieme: mondo civile, della difesa, accademico e industriale, per colmare questo gap. Devo rilevare con soddisfazione come il Paese stia iniziando a cogliere l’allarme lanciato dalla Marina Militare e dalla Difesa e abbia iniziato a muoversi, riconoscendo l’importanza strategica di investire in ricerca e sviluppo per l’acquisizione di competenze e tecnologie sempre più spinte nel campo subacqueo, valorizzando le potenzialità del cluster nazionale del settore.
Abbiamo vinto la scommessa della creazione del PNS, una sfida alla quale la Marina ha creduto e ha lavorato molto duramente, in collaborazione con il Ministero della Difesa e con gli altri Dicasteri interessati, al fine di creare un hub tecnologico che fungesse da incubatore e acceleratore delle tecnologie di cui la Difesa necessita, per assicurare la tutela dei vitali interessi nazionali nella dimensione subacquea.
Quest’anno sono state approvate le Linee di indirizzo e gli obiettivi strategici del Polo; sono stati individuati i gap tecnologici da affrontare con priorità e le sottese traiettorie tecnologiche da perseguire per colmarli e, infine, sono stati emanati i citati bandi di ricerca.
Tuttavia, nella “corsa agli abissi” siamo ancora ancora molto indietro rispetto alla già avvenuta “corsa allo spazio”. A differenza del settore spaziale, sono ancora estremamente pochi i Paesi al mondo con capacità tecnologiche tali da poter operare nelle profondità del mare, ad oggi all’80% ancora non esplorate. Ma sotto il mare c’è la nostra vita, il nostro futuro, e l’economia così come la nostra sopravvivenza sono sempre di più legate al mare e alle sue profondità.
Si stima che nel prossimo secolo il 40% del cibo per l’uomo proverrà dal fondo marino e sappiamo che i fondali sono ricchi di petrolio, gas, minerali e terre rare, nonché custodi di infrastrutture critiche quali i cavi sottomarini di comunicazione e i gasdotti. È evidente, quindi, come gli abissi saranno la prossima frontiera di confronto geo-politico, in cui la competizione e la contesa fra attori statuali e non, sarà del tutto simile a quanto oggi avviene nello spazio. Inoltre, a differenza della corsa allo spazio degli anni ’60, in cui nacquero trattati e accordi internazionali tutt’ora in vigore, nel settore subacqueo sussistono ancora numerose zone d’ombra da colmare e non vi sono specifici accordi internazionali che ne regolino l’esplorazione e lo sfruttamento.
Da questo punto di vista, le analogie fra le due frontiere dell’esplorazione umana così come l’osservazione dell’evoluzione storica, tecnologica, normativa ed economica del settore spaziale, offrono notevoli spunti di riflessione per provare ad immaginare il futuro progresso della dimensione subacquea, cercando di anticiparne le necessità, le problematiche e le possibili soluzioni.
L’Italia ha lanciato il Polo nazionale della dimensione subacquea. Ritiene che anche le aziende spaziali italiane possano fornire un contributo?
Ritengo proprio di sì e non solo perché semplicemente alcune delle più grandi Aziende impegnate nello spazio sono altrettanto competenti nella dimensione marittima e subacquea ma, soprattutto, perché numerose tecnologie, in particolare quelle emergenti e dirompenti, come le applicazioni di intelligenza artificiale, i sistemi unmanned, le tecnologie quantistiche e biotecnologie, i materiali innovativi, sono caratterizzate da una grande trasversalità, trovando applicazione in misura analoga in ogni ambiente operativo, dallo spazio alle profondità marine. Basti pensare, a titolo di esempio, alla capacità di operare nella dimensione cibernetica la quale, per sua stessa natura, è trasversale e priva di limiti fisici e geografici.
Tali tecnologie, sviluppate per il settore spaziale e sufficientemente mature da poter essere operativamente adottate e integrate nei sistemi civili e militari, possono trovare applicazione anche in altri ambiti, inclusa la dimensione subacquea, evitando in tal modo la sovrapposizione o la duplicazione di progetti di ricerca e sviluppo inerenti ad una medesima traiettoria tecnologica. Ecco che si ritorna all’importanza di promuovere quel dialogo e quella collaborazione fra istituzioni e strutture governative, forze armate, università, centri di ricerca e comparto industriale, che consentano al Paese di armonizzare gli sforzi ed essere rilevante a livello globale.
In questo la Marina Militare e il PNS possono certamente fare la loro parte, contribuendo allo scambio di informazioni e al dialogo fra le istituzioni e con gli altri stakeholders coinvolti nei processi d’innovazione tecnologica.
Gli investimenti privati nel settore spaziale sono poi un esempio catalizzante delle possibilità offerte al futuro delle tecnologie oceaniche/subacquee. D’altronde, quando si aprono nuove frontiere, l’innovazione e l’industria seguono e ne è un esempio, nel settore spaziale lo straordinario sviluppo delle capacità di accesso allo spazio dei recenti anni, con la conseguente riduzione dei costi di lancio, che ha rappresentato una delle chiavi di volta dell’espansione dirompente della Space Economy.
In tal senso, è verosimile ipotizzare come le innovazioni su vasta scala sulle capacità di accesso a parti remote degli oceani, potranno costituire un volano per gran parte della Blue Economy, dalla pesca e la maricoltura offshore alla generazione di energia, alla gestione del carbonio, al deep sea mining, alla bioprospezione.
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Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR. Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".